Kintsugi: il metodo tradizionale

Il Kintsugi (conosciuto anche come Kintsukuroi) è la tecnica tradizionale giapponese di riparare le ceramiche con l’oro, il termine deriva da KIN (oro) e TSUGI (riparare).

La sua origine risale alla fine del 1400, sotto lo shōgunato di Ashikaga Yoshimasa (1435-1490) ottavo shōgun (generale militare) dello shōgunato Ashikaga, sotto al quale governo si diffusero, tra le altre cose, l’arte dell’Ikebana, della Cerimonia del Tè e la filosofia wabi- sabi (concezione dell’estetica giapponese che considera caratteristiche positive l’accettazione della temporaneità degli avvenimenti, la bellezza delle cose semplici, irregolari, incomplete: caratteristiche che rappresentano la liberazione dal mondo materiale).

Si racconta che lo shōgun utilizzasse spesso, durante la Cerimonia del Tè, una tazza in particolare (le tazze tradizionali utilizzate nella cerimonia del tè si chiamano chawan e in origine erano realizzate soltanto in Cina) e che durante uno di questi rituali, egli ridusse accidentalmente in pezzi la sua tazza da tè preferita.

La leggenda prosegue narrando che lo shōgun mandò la sua tazza in Cina, dove era stata realizzata, chiedendo che venisse riprodotta e quindi sostituita. Gli fu detto che la sua tazza era di una bellezza così rara che non poteva essere replicata.

Dopo lunghi mesi, gli artigiani cinesi restituirono allo shōgun la tazza originale riparata con semplici graffe metalliche, come era la moda cinese (tecnica Jusi).
Lo shōgun rimase molto deluso dal risultato: quelle modeste graffe metalliche non solo la sfiguravano esteticamente ma lasciando fuoriuscire il tè, la rovinavano anche dal punto di vista funzionale.

Fu allora che lo shōgun Yoshimasa incaricò i suoi artigiani di correre ai ripari con una soluzione che fosse sia funzionale che estetica.

I suoi artigiani, che già utilizzavano il Maki-e (tipo di laccatura degli oggetti in cui i disegni in rilievo sulla lacca urushi vengono esaltati con polvere d’oro o d’argento) si ingegnarono dando vita così all’arte del Kintsugi.

Il Kintsugi tradizionale all’inizio della sua applicazione, era solo un mezzo pratico ed estetico di riparazione, non era considerato un atto artistico, è stato eseguito solo in Giappone, non era associato a nessuna metafora.

Per un lungo periodo è rimasto sconosciuto alla maggior parte della popolazione perché veniva utilizzato soltanto per riparare stoviglie appartenenti ai ceti ricchi e nobili, inoltre la popolazione comune non utilizzava stoviglie in ceramica ma in legno laccato.

Il Kintsugi tradizionale si diffuse dal momento in cui la gente comune introdusse quotidianamente, nella propria routine, le stoviglie in ceramica.

La sua rilevanza internazionale è recente: dal 1989 al 2019 (periodo Heisei) la popolarità del Kintsugi ha raggiunto livelli molto alti anche a causa del terremoto nella regione di Tohoku, che nel 2011 ha colpito il Giappone con un violento tsunami, devastando la costa orientale e danneggiando alcune parti della città di Tokyo.

Questo disastro ha spinto i superstiti a cercare tecniche per riparare le proprie ceramiche, danneggiate dal terremoto.

Proprio durante questi anni siamo venuti a conoscenza in Occidente del Kintsugi e si è sviluppato il Kintsugi moderno un nuovo metodo più facile e accessibile di fare Kintsugi, utilizzato soprattutto nel mondo occidentale.

La metafora della fragilità attribuitagli per superare il trauma e accettare i propri difetti come parte della propria unicità, è un fenomeno occidentale e anch’esso contemporaneo.

La tecnica di riparazione tradizionale è un processo lungo, che ha bisogno di cura, tempo e precisione: possono volerci diverse settimane se non persino un anno per realizzare il miglior Kintsugi possibile. 

I materiali utilizzati nella tecnica tradizionale sono: la lacca urushi, preziosa resina estratta dalla pianta autoctona Rhus verniciflua o Albero della lacca coltivata in Giappone, Cina, Vietnam e Sud-Est Asiatico, la polvere d’oro, la farina di riso/grano e la polvere d’argilla detta “tonoko” (la lacca urushi per diventare un forte collante viene mescolata alla farina di riso/grano, unita alla polvere “tonoko” acquisisce la qualità giusta per la fase della stuccatura).

E’ la lacca urushi a rappresentare il vero elemento prezioso in questa tecnica antica e non l’oro, perché la sua estrazione avviene una sola volta in dieci anni di vita di ciascuna pianta (da maggio/giugno a novembre), attraverso tagli orizzontali effettuati sulla corteccia e ogni pianta può produrne all’incirca 200 g. 

La lacca urushi contiene (tra gli altri elementi) lurushiol, che attribuisce a questa resina naturale le sue particolari caratteristiche e maggiore è la sua percentuale, migliore sarà il prodotto ma è anche il componente che può determinare, al contatto con la pelle, una forte reazione allergica che scompare del tutto con la completa polimerizzazione della lacca.

La polimerizzazione della lacca urushi, in ogni singola fase della riparazione di un oggetto, avviene a temperature ed umidità specifiche (circa 20° e tra il 70/90 % di umidità), perché ciò accada l’oggetto viene sistemato ogni volta in un ambiente detto “muro”, in cui queste specifiche condizioni vengono costantemente assicurate.

Nel caso in cui si utilizzi polvere d’argento al posto dell’oro, si parlerà di Gintsugi.

  • Gli oggetti riparati mediante tecnica Kintsugi/Gintsugi tradizionale sono adatti all’uso alimentare.

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